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Portoscuso (SU)

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Localizzazione

Stato: Italia
Regione: SARDEGNA
Provincia: Sud Sardegna

Territorio

Nome in dialetto: Portescùsi
Altitudine: 6.00 m s.l.m.
Superficie: 38.09 km2
Abitanti: 4958

Altre informazioni

Nome Abitanti: Portoscusesi (portescusesus)
Patrono: Santa Maria d'Itria il -
Prefisso: 0781

Contatti

Email Comune: -
Telefono Comune: 0781 151111

Stemma

Gonfalone

Descrizione

Il Villaggio di Porto Scuso (in spagnolo: Puerto Escuso, da cui la denominazione locale di Portescusi, col verosimile significato di porto nascosto, data l’ubicazione geografica ed il senso del termine che, ancora oggi, viene utilizzato in alcune espressioni, quale, per es.: fai is cosas a scusi…”fare qualcosa di nascosto”) era soggetto a frequenti incursioni piratesche, alcune delle quali si trasformarono in leggende. Nell'anno 1660, si narra che, durante una terribile incursione barbarica, la popolazione fuggì verso l'interno ma senza fortuna. Molti furono barbaramente uccisi e parte resi prigionieri. Il luogo del massacro è ricordato con il nome di Monte Dolorosu (Monte del Dolore). Solo dopo il 1816 le azioni barbariche ebbero fine grazie ad una tremenda battaglia che vide come vincitore la flotta inglese. Fu nel 1853 che il paese venne riconosciuto comune a se. Nel 1914 fu costruita la scuola e nel 1922 la caserma dei carabinieri.

Su Pranu

Nella piazza Santa Maria d'Itria, con la facciata rivolta ad oriente, sorge il Palazzotto della tonnara e le relative abitazioni dei tonnarotti, is barraccas, con una superficie complessiva di circa diecimila metri quadri.

Ha una forma trapezoidale ed uno spiazzo interno, Su Pranu, aperto verso il mare, di circa cinquemila metri quadri; sempre verso il mare si protendono le due costruzioni, con il tetto in tegole sarde, che costituiscono gli alloggi dei tonnarotti ed i vari magazzini.

L'anno di costruzione si può far risalire alla seconda metà del 1500; esso ha subito profonde e continue modifiche strutturali, a causa dei frequenti assalti da parte dei pirati barbareschi, che oltre a depredare quanto vi trovavano, incendiavano le baracche e distruggevano gli stabili. Gli arrendatori della tonnara che si avvicendarono nei primi anni, dovettero affrontare difficoltà di ogni genere per reperire il materiale atto alla costruzione delle baracche che dovevano ospitare i tonnarotti, soprattutto per l'ostilità dei proprietari e dei pastori dei paesi vicini, sul cui apporto era basata la sopravvivenza dei tonnarotti e pescatori vari. Con il trascorrere degli anni e superando peripezie di tutti i generi, gli stabili de Su Pranu incominciarono ad assumere determinate caratteristiche, rimaste infine inalterate fino ai nostri giorni. Su Pranu è da considerarsi come una fortezza autonoma, munita di tutto ciò che doveva renderla indipendente dall'esterno. Esiste infatti un forno, un magazzino per la conservazione della farina, dei cereali, dell'olio e del vino. Vi sono le officine per la costruzione dei chiodi e ferramenta, altre per la riparazione degli attrezzi della pesca, arnesi per la filatura delle funi.

La stessa costruzione propone lo schema gerarchico della società di allora. Al di sopra di tutto la parte padronale, poi quella dei diretti collaboratori, Rais, Vicerais e guardiano, ed in posizione periferica, le abitazioni a piano terra, is barraccas, che ospitavano per l'intera stagione, i componenti della ciurma. Queste barraccas nel 1738, servirono da temporaneo alloggio ai tabarchini, in particolare alle donne ed ai bambini, in attesa che venissero costruite le nuove abitazioni nel villaggio che si stava erigendo nell'isola di San Pietro. Caratteristica delle barraccas erano le funi di ciaffalloni, palma nana tipica del luogo, nelle diverse sezione: dal sottile fillettu, per confezionare e riparare le reti, alle grosse baderne, utilizzate anche come cavi d’ormeggio, che scorrevano da una parete all'altra, dalle quali pendevano a fine stagione, le uova di tonno ed il ventrame già essiccato.

Se si osserva Su Pranu dalla piazza, a destra si può vedere un ponte chiuso, con una finestra, che poggia su un arco a sesto abbassato, con luce di metri 4,50; di seguito, a due piani, l'abitazione del Rais ed al piano terra quella del Vicerais; entrambi hanno pavimenti e scale in legno. Su due piccole colonne, poggiate sul tetto dell'appartamento del Rais, vi è appesa la campana di bronzo, del peso di 12 chilogrammi, che veniva suonata, in diverse ore, secondo le necessità inerenti all'attività della pesca, per chiamare a raccolta i tonnarotti.

A bande opposte, vicino alla chiesa, sopra l'abitazione del guardiano, si trova l'asta sulla quale veniva issata la bandiera, croce rossa in campo bianco, che annunciava alla popolazione che era in atto la mattanza. Si accede all'interno de su Pranu attraverso un arco in trachite a tutto sesto, chiuso da un massiccio e robusto portone di età plurisecolare, con serramenti ancora antiquati. In alto, al centro dell'arco, risalta uno stemma marmoreo: una corona con aquila, ed un fregio gentilizio, lo stemma sabaudo in calce, su un manto di porpora. Vi sono scolpite due P che stanno a significare la proprietà del Marchese Trivigno Pasqua Don Pietro Vivaldi Zatrillas. Al proprietario della tonnara era riservato il titolo di Barone di Portoscuso.

Di fronte al mare nel lato centrale, scorre la loggia, sostenuta da travi di legno sormontata da un tetto di tegole “coppi” con colonne in pietra lavorata che illumina la residenza dei padroni, composta da camere intercomunicanti, con cucina, uffici, camere da letto.

Al centro dello spiazzo interno, nel 1698, vi è stato sistemato un orologio solare o meridiana, formato da una lastra di marmo con le ore scolpite in numeri romani. Sempre all'interno, il secondo locale del lato Ovest era adibito a cappella. Ancora oggi possiamo ammirare una piccola nicchia detta di Sant'Antonio, ed un'altra della Vergine del Carmelo; all'ingresso è sistemata la pila per l'acqua benedetta. La cappella ha una forma rettangolare ed una superficie complessiva di 120 metri quadri. Il presbiterio sopraelevato di 20 centimetri, si distacca dalla parte riservata ai fedeli, mentre quattro grandi arcate in pietra lavorata, sostengono il tetto. Perse la sua funzione pubblica quando, nel 1665, il Marchese Vivaldi Pasqua fece costruire la nuova chiesa fuori dal perimetro de Su Pranu, che venne dedicata dai tonnarotti alla Madonna d'Itria: rimane però compatrono di Portoscuso Sant'Antonio da Padova, protettore delle tonnare. Sul lato sinistro, quasi sotto la loggia, si trova una fontana molto profonda con un diametro di metri 1,50; da essa si attingeva l'acqua per tutto lo stabile ed è altrettanto antica.

Nel 1870 è stato costruito un arsenale coperto, che poggia su 28 solidi e robusti pilastri granitici, con tre arcate a tutto sesto che si affacciano sul mare e altre tre verso terra.

Internamente corre un cunicolo che serviva a far passare le funi per il rimessaggio di vascelli e barche.

Da Su Pranu era consuetudine benedire il mare per tre volte all'anno: durante la processione di Santa Maria d'Itria, di Sant'Antonio e del Corpus Domini.

La Torre

Il simbolo della nascita di Portoscuso è rappresentato dalla Torre che si innalza da secoli su uno sperone roccioso e domina tutto il golfo circostante. La sua costruzione risale al periodo del governo spagnolo ed il fine era quello di stabilirvi un presidio armato a difesa del luogo, per l'avvistamento delle navi nemiche ed in particolare quelle dei pirati saraceni. Costoro giungevano per depredare lo stabilimento della tonnara e quanto a loro poteva tornare utile, compresi gli abitanti che portavano via per venderli come schiavi.

Questa Torre è dunque la muta testimone degli avvenimenti del paese, nato sotto la sua ombra, ed è testimone di tutte le calamità ed i travagli che i portescusesi subirono e della forza di volontà che ebbero perché il paese che avevano fondato prosperasse.

Essa fa parte di una serie di torri che circondano il litorale della Sardegna, fatte costruire appunto dal Real Governo Spagnolo a scopo di difesa.

Il motivo principale che rese necessaria la costruzione di tali opere di difesa fu la costante ed invadente potenza dei Saraceni i quali, fin dai tempi delle Repubbliche Marinare, costituivano un continuo pericolo sia per i naviganti sia per i paesi costieri, che vivevano nel terrore di possibili saccheggi.

Alcune erano state costruite con il solo compito di segnalazione di eventuali pericoli, altre con il compito di difesa vera e propria. La loro locazione era scelta di solito nei punti più alti degli imbocchi dei porti, a protezione dei traffici marittimi in genere ed in particolare per proteggere il ricavato delle pesche del tonno e dei corallo, poiché tali attività, soprattutto le tonnare, avevano avuto un grande sviluppo durante il regno di Filippo Il di Spagna.

La costruzione della Torre di Portoscuso risale al periodo dell'impianto della tonnara, realizzata con l'autorizzazione di Filippo Il dal mercante cagliaritano Pietro Porta, il quale si era trovato nella necessità di proteggere la costa dai pirati saraceni.

Nell'anno 1636, durante una delle incursioni più violente, i barbareschi riuscirono ad avere il sopravvento sul presidio armato ed a radere al suolo la Torre. La sua riedificazione venne subito disposta e stanziata con i fondi della Real Cassa. L'anno seguente, su progetto del Mastro Razional Don Giacinto de Bolea e su lavori di costruzione diretti dai capi mastri scalpellini della città di Cagliari, Gaspare Pinna e Nicolao Cuccuru, la Torre veniva di nuovo edificata e resa funzionante.

Un altro terribile attacco barbaresco si ebbe nell'anno 1760; la Torre fu ancora semidistrutta, e poi ricostruita con l'attuale forma a tronco di cono.

Poggia su un gruppo di scogli, a metri 13 sul livello del mare, ed ha un'altezza di metri 16.

Tutti i successivi attacchi da parte dei nemici, vennero respinti; pertanto la torre conserva la stessa struttura di allora.

Tramite una scala esterna a ventaglio, composta da 18 gradini si accede al primo piano, sollevato a metri 4 dal suolo. L'illuminazione interna è data da 7 finestre ad arco. Al centro trovasi, interrata, una cisterna di circa 3 metri cubi alimentata dall'acqua piovana che dalla terrazza è fatta confluire con condotte interne ai muri perimetrali.

In vistoso risalto due archi a tutto sesto si intersecano al centro, a metri 8 di altezza, dividendo la volta circolare in quattro quarti. In quello di Nord-Est gli archi si obliquano, in quanto per la loro funzione statico-bellica dovevano reggere la spinta che i cannoni, sistemati nella terrazza, esercitavano. Una scala con 40 gradini, a camminamento interno, congiunge la sala alla terrazza. Attualmente qui nella parte NE si trovano due vani e un ripostiglio, fatti costruire nel periodo sabaudo per alloggiamento della Regia Guardia delle Gabelle (Finanza).

Nella calotta restante, vi sono 8 posti per i cannoni. In origine la capacità di fuoco dei pezzi di artiglieria era di 360 gradi.

Data la sua ubicazione, la visualità è tale da comprendere la pianura fino a Paringianu, i canali di Sant'Antioco e San Pietro, su Scogliu Mannu, la baia di Portupaleddu e tutto il coronamento roccioso che da Baccu Ollastu va a Ghilotta e Sinineddu.

Su Marchesu

Nell'anno 1912 venne costruita la villa poggio Maureddu, nota come "Su Marchesu", dal Marchese Pes di Villamarina, proprietario fin d'allora della tonnara dell'isola Piana.

L'opera fu realizzata per ospitare il Nobile e la sua famiglia quando, impossibilitati a raggiungere l'isola per il brutto tempo o per altre ragioni contingenti, erano costretti a soggiornare a Portoscuso. La villa ha una superficie di 3.500 metri quadri circa, quasi tutta, eccetto due modesti fabbricati, messa a verde tropicale.

Contemporaneamente fu edificato anche l’edificio destinato ad alloggio per il custode della proprietà, oggetto di recente restauro.

Difese costiere (1935 – 1945)

Nel 1935, in seguito alle imprese italiane in Africa e le conseguenze da esse provocate sul piano internazionale, il governo fascista, in previsione di previsti attacchi alle installazioni minerarie del Sulcis e, in particolare, al porto di Portoscuso (noto col nome del suo fondatore e Presidente della Società Monteponi, Conte Avv. Carlo Baudi di Vesme) ed alla vicina centrale termoelettrica, varò la costruzione delle fortificazioni costiere, che furono completate nel 1935. Le fortificazioni sono state suddivise in due beni radice: Batterie costiere della Marina Militare (codice bene radice 95059522) e Fortificazioni Esercito Italiano e Werhmacht (codice bene radice 95059523). Il sistema difensivo era costituito, nell’area di Capo Altano, da batterie antinave e antiaeree, armato con 4 artiglierie da 102/35 mm, prede di guerra del 1915-18, con tiro utile di 9.500 metri, a doppio compito, coordinate da una stazione di tiro (C.O.C., Centrale Operativa di Combattimento).

Capo Altano

Gruppo di difesa costiera

Il sistema illuminante, alimentato da un gruppo elettrogeno, ricoverato in galleria, era costituito da un riflettore da 1500 mm di diametro con portata di 15 km. Il gruppo di stanza a Capo Altano era dotato, per la difesa antiaerea a bassa quota, di una mitragliatrice Scotti da 20 mm, di fabbricazione italiana, ed una mitragliatrice Oerlikon, di fabbricazione inglese, sempre da 20 mm, probabilmente montate su affusto ed a canna singola. Tutte le strutture difensive sono ancora ben visibili ed in discreto stato di conservazione.

Sono identificate le quattro piazzole con basamento circolare in calcestruzzo, in cui sono inghisate le barre filettate utilizzate per il fissaggio del sottofusto dei pezzi di artiglieria, ciascuna dotata di quattro riserve per i proiettili. È parzialmente crollata la C.O.C., limitatamente alla copertura della torretta circolare in cui era collocato il telemetro, mentre sono ancora prudentemente praticabili gli uffici annessi e la postazione di tiro sottostante, da cui si accede alla postazione a ovest, simile ad una balconata sul mare, in cui era, probabilmente, piazzata una delle due mitragliatrici antiaeree, mentre la seconda era posizionata nella piazzola annessa all’edificio “H” (39°13'42,40"N - 8°22'12,50"E). A 200 metri di distanza dalla C.O.C., in direzione 205° a SO, coordinate: 39°13'38,20"N - 8°22'05,50" E, è ubicata la costruzione che alloggiava il gruppo elettrogeno e la fotoelettrica. L’edificio è un tunnel con pareti scavate nella roccia e copertura a volta a tutto sesto, costruita con impiego di mattoni pieni allettati con malta, poggianti sulle pareti di roccia, ancora in buono stato di conservazione, impiego di mattoni pieni allettati con malta, poggianti sulle pareti di roccia, ancora in buono stato di conservazione, ma bisognoso di urgenti interventi di consolidamento, perché l’azione combinata del vento e dell’acqua marina stanno erodendo la malta di allettamento.

Uno spiazzo esterno, che affaccia sul mare, era il luogo in cui si poneva in opera il proiettore montato su ruote. I binari che servivano allo scopo sono da tempo scomparsi. Le postazioni di artiglieria furono edificate sbancando la roccia in forma circolare, con diametro di circa 6 metri ed altezza degli spalti, rasenti il piano di campagna, di circa 1,20 m. Il perimetro fu edificato con l’impiego del pietrame di risulta. La pavimentazione, come già accennato, è in calcestruzzo. Al centro della piattaforma sono presenti i perni filettati del sottofusto, con diametro di m. 0,85. Al centro dello schieramento difensivo si trova un edificio in calcestruzzo armato, interamento interrato ad eccezione degli accessi (uno a Nord: coordinate 39°13’43,2”N – 8°22’10,7”E, l’altro a Est: coordinate 39°13’43,0”N – 8°22’10,3”E). Il fabbricato ha un locale centrale le cui pareti laterali sono divise in nicchie sino al soffitto. Ai lati corrono due corridoi che girano attorno all’ambiente centrale. La destinazione d’uso dell’edificio, data anche la sua struttura interna, sembra fosse quella di magazzino per le munizioni, ma non si può escludere che potesse servire anche da rifugio antiaereo.

Oltre la postazione antiaerea (designata con la lettera H e coordinate 39°13'42,40"N - 8°22'12,50"E), si trova, a 92 m. di distanza e 65° verso Est, il rudere del corpo di guardia, fabbricato in pietrame reperito localmente, costituito da due ambienti, entrambi dotati, a giudicare dalle tracce ancora presenti sulle pareti interne Est, di camino e/o di cucina.

Proseguendo in direzione Est si percorre la strada lastricata che conduce alle caserme ed alla stazione radio di Crobettanedda.

Gli edifici destinati al casermaggio della guarnigione di stanza a Capo Altano sono costituiti da tre distinti fabbricati, uno dei quali abusivamente occupato e ristrutturato in epoca recente in cui si trovava la cucina e la mensa ufficiali, gli altri due erano destinati, presumibilmente, ai sottufficiali ed alla truppa. Alla distanza di m. 250 circa in direzione 345° NNO, si trova il rudere che ospitava la stazione radio/Rt e, a poca distanza, sull’orlo del precipizio alto 104 m. sul livello del mare, una torretta d’avvistamento, ancora in ottimo stato di conservazione.

Lungo l’intero arco costiero di Portoscuso, da Capo Altano, a nord, a Paringianu, a sud, le opere di fortificazione dell’EsercitoItaliano e della Werhmacht erano organizzate in tre linee di difesa (codice identificativo del bene radice 95059523). La prima linea di difesa era costituita da casematte e postazioni d’artiglieria ubicate a pochi metri dalla battigia, delle quali risulta ancora perfettamente integra solo la casamatta presente nella spiaggia di Portovesme (codice identificativo componente 2118198461), mentre la fortificazione presente nel Lungomare Cristoforo Colombo (codice identificativo componente 2118198460), originariamente costituita da un ampio locale rettangolare con porta di accesso posta ad ovest, direttamente verso il mare, collegato alla casamatta da uno stretto passaggio in cui erano presenti scale e brevi rampe. Sono state, invece, demolite le due casematte poste all’estremità nord della spiaggia di Portovesme, approssimativamente sul luogo dove attualmente sorge la cosiddetta “villa Marisa”, così come la casamatta che si trovava nei pressi del hotel Panorama, demolita nel corso dei lavori di ampliamento della sede stradale del lungomare C. Colombo, e la postazione a nord della spiaggia di Porto Paglietto, in massima crollata a causa dell’erosione, di cui resta una piazzola costruita con blocchi di pietra locali. La seconda linea difensiva è rappresentata da poche opere fortificate, ma in ottime condizioni. Sono state, infatti, catalogate in questa fascia:

_ (2118198458 a sud e 2118198459 a nord) il gruppo di due casematte a nord della pineta, tra il villaggio “Costa del Sole” e la zona di espansione residenziale di Baccu Ollasta;

_ (2118198456 a ovest e 2118198457 a est) il gruppo di due casematte in località Su concali de su carboni. La prima, posta tra il confine della proprietà Aoi e la proprietà Sanna/Nuscis, è dotata di un intrico stretti tunnel, scavati nella sabbia le cui pareti e volta a tutto sesto sono costruite con pietra locale, che conducevano alla caserma, attualmente di proprietà Marongiu. Il secondo, sorge, isolato, nella proprietà Sanna-Bruera.

Altre postazioni erano presenti sino agli anni settanta, successivamente furono demolite con l’ampliamento dell’abitato. Vi era, infatti, una postazione dove attualmente sorge l’I.T.I.S.; altre erano presenti nel luogo in cui è situato il complesso di palazzi a est della via Nuoro. È ancora esistente, quasi completamente interrata, a poche decine di metri ad ovest del cimitero, una costruzione che poteva essere utilizzata sia come polveriera che come rifugio antiaereo.

La terza linea difensiva è ubicata ad una distanza dal mare che varia dai due ai tre chilometri. Fra la località su Canoni ed il corso del Flumentepido, l’arco di contenimento si appoggia alla bassa dorsale rocciosa che corre a nord della strada di circonvallazione, dove i capisaldi erano costituiti da tre casematte a camera di combattimento circolare (tipo T), una delle quali in posizione dominante. In località diverse, due situate in località Concali arrubiu, l’altra in prossimità del dirupo de su Canoni, sono presenti strutture a pianta pentagonale (tipo P). In località su Canoni – Piramide era attestato un reparto della Werhmacht dotato di radio ricetrasmittente. La postazione era protetta da una linea di sbarramento anticarro costituita da grossi blocchi in calcestruzzo.

Sono stati, inoltre, identificati i due posti di blocco, uno (codice bene componente 2118198455), mascherato con tegole marsigliesi e muri di tamponamento esterni che gli conferiscono l’aspetto di abitazione, situato sulla strada che da Portoscuso conduce a Iglesias, località S’arcu de su soli

(39°13'22,50"N- 8°24'27,20"E; 89 m.s.l.m.);

_ l’altro (codice bene componente 2118198463), con le stesse caratteristiche mimetiche del precedente, nei pressi di Monte Dolorosu (39°13'21,60"N-8°23'29,80"E ; 58 m.s.l.m.) era adibito al controllo della strada ferrata che dal porto di Portovesme conduceva alle miniere di Monteponi.

Fonte: “Relazione Assetto Storico Culturale Beni Archeologici - Beni Identitari All.4 del PUC adottato con Delibera Consigliare n. 06 del 19.03.2019”


11 Da visitare

Antica Tonnara Su Pranu

Biblioteca comunale

Il Faro

Laguna di Boi Cerbus

Porticciolo Lungomare Cristoforo Colombo

Porto Industriale Portovesme

Scoglio la Ghinghetta

Spiaggia di Sa Punta de S'Aliga

Spiaggia Portualeddu

Su Scogliu Mannu – Isola dei Meli

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Paesi nelle vicinanze

Sant'Antioco

Carbonia

Tratalias

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Iglesias

Buggerru

Da visitare nelle vicinanze

Centrale elettrica Santa Caterina

Salina di Sant’Antioco

Istituto Minerario Asproni

Il Teatro Centrale

Spiaggia di Punta Trettu

Laguna di Boi Cerbus