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Seneghe (OR)

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Localizzazione

Stato: Italia
Regione: SARDEGNA
Provincia: Oristano

Territorio

Nome in dialetto: Seneghe
Altitudine: 305.00 m s.l.m.
Superficie: 57.85 km2
Abitanti: 1662

Altre informazioni

Nome Abitanti: Seneghesi (seneghesos)
Patrono: San Sebastiano il 8 dicembre / 20 gennaio
Prefisso: 0783

Contatti

Email Comune: -
Telefono Comune: 0783.548012-548013

Stemma

Gonfalone

Descrizione

Il Comune di Seneghe si trova nel settore centro-occidentale della Sardegna, sulle pendici meridionali del Montiferru, che chiude a nord la pianura del Campidano e, insieme alla contigua catena del Marghine-Goceano, contribuisce a dividere in due parti l'Isola.

Il paese èbsituato a circa 310 m s.l.m., al centro di un territorio in gran parte collinare, che si estende dalle ultime propaggini del Campidano (40 m s.l.m) fino a lambire le quote più elevate del massiccio (825 m s.l.m).
Seneghe gode di un'ampia vista panoramica, da un lato sulla Penisola del Sinis e sul mare, dall'altro sul massiccio montuoso del Montiferru, fino a spaziare, nelle giornate particolarmente limpide, alle cime del Gennargentu, del Monte Arci e del Monte Arcuentu.
Dal punto di vista geologico, il Montiferru costituisce il più ampio complesso di origine vulcanica della Sardegna; Il vulcanismo si inquadra nell' ambito di quel magmatismo "basaltico" caratteristico di varie zone della Sardegna, iniziato secondo recenti datazioni, nel Pliocene superiore; nel Montiferru presenta caratteristiche peculiari, che lo distinguono dai fenomeni analoghi del resto dell'isola. Le rocce vulcaniche vengono attribuite a due distinti cicli, separati da una trasgressione marina, causata dall’abbassamento tettonico dell'Isola durante il Miocene, di cui sono testimonianza le rocce calcaree, che si osservano nella parte sud-occidentale del territorio comunale (es.: sa Muntraba). Il ciclo vulcanico più antico, che ha portato alla formazione di vulcaniti di tipo riolitico-andesitico, sarebbe collegato alla rotazione della placca Sardo-Corsa, mentre il secondo ciclo, legato alla subsidenza del bacino tirrenico, ha originato lave basaltiche, che determinato l'attuale struttura della montagna. Tipici del settore sud-occidentale sono piccoli centri eruttivi periferici (es.: Nuraghe Maganzosa, Conca Mele, etc.) che costituiscono eventi tardivi del ciclo vulcanico basaltico, spesso accompagnati da fenomeni esplosivi.
Dal punto di vista geomorfologico il paesaggio si presenta aspro con forme coniche e rilievi dalle creste appuntite, versanti ripidi e rocciosi, separati da vallate che contrastano con i corpi tabulari di Monte Mesu e Roccas e Monte Rassu; nelle aree più meridionali il paesaggio diventa più dolce, collegandosi con le ultime propaggini della piana del Campidano.
La fitta rete idrografica è costituita da numerosi corsi d'acqua a carattere prevalentemente stagionale, tra i quali i principali sono il Riu Malancone, il Riu Pizziu e il Riu Maistu Impera; numerose le sorgenti censite, gran parte delle quali a piccole portate stagionali.
 

La gran parte del territorio del comune assume una fisionomia tipica legata all'utilizzo secolare come pascolo per l'allevamento ovino e bovino, ma sono gli olivetti, che si estendono su una superficie di oltre 200 ettari, a caratterizzare in maniera peculiare i lineamenti del paesaggio;

la produzione dell'olio, apprezzato ben oltre i confini , e l'allevamento rappresentano i settori trainanti dell'economia locale.
Molto ricca la vegetazione naturale che assume caratteri peculiari, principalmente legati alla quota; dominano i boschi di leccio e di sughera, ma sono presenti anche formazioni forestali a querce caducifoglie, a olivastro e boschi ripariali, oltre a fitocenosi peculiari ad alloro e agrifoglio, di notevole interesse naturalistico.
Nelle zone montane, a quote superiori ai 750-800 m s.l.m., dominano i boschi caratterizzati da leccio e agrifoglio, ben visibili soprattutto nell'area di Pabassiu che costituiscono formazioni forestali di assoluto pregio naturalistico; tali boschi si arrochiscono di biancospino, clematide vitalba, edera e citiso trifloro, mentre lo strato erbaceo è dominato da ciclamino primaverile, erba fragolina, erba lucciola mediterranea, felce setifera e felce aquilina.
Le zone alto-collinari e basso-montane (a quote superiori ai 450 m s.l.m.), sono occupate da estesi boschi di leccio, tipici per la presenza di un ricco contingente di specie lianose (clematide cirrosa, edera, clematide vitalba, etc.) e uno strato erbaceo con ciclamino primaverile e viola di Dehnhardt; questi boschi sono ben rappresentati nell'area compresa tra Cuguzzu, Sos Paris e Bae Mela da dove si estendono con continuità fino ai territori di Cuglieri e Santulussurgiu. Diffuse anche le sugherete, che nella parte settentrionale (Cadennaghe), costituiscono un bosco misto con querce caducifoglie e presentano uno strato arbustivo ricco di specie, caratterizzato da Citiso trifloro; nell'area di Monte Rassu, invece, le sugherete si differenziano per la presenza di leccio, corbezzolo, erica arborea e mirto, evidenziando il passaggio verso aree maggiormente termofile.
Nelle aree basso-collinari, sono presenti boschi dominati da leccio e olivastro, conalaterno, ilatro comune e corbezzolo nel sottobosco e salsapariglia, robbia selvatica, caprifoglio mediterraneo, pungitopo, carice mediterranea e asplenio maggiore nello strato erbaceo.

Questa tipologia è ampiamente diffusa, in particolare nelle vallate del Rio Bia Iosso (Massa Loi, Fache Sole, Malancone) e in quelle del Rio Sirisi (Monte Olia, Matta Lada e Matta Candida), dove si ritrovano formazioni in buono stato di conservazione. Nelle aree più meridionali, al contatto con la piana di Milis, i boschi di leccio si arrichiscono di sughera, con la presenza di arbusti caducifogli nello strato arbustivo (pero mandorlino, prugnolo selvatico), specie termofile (lentisco, alaterno e mirto) e un ricco strato lianoso (tamaro, salsapariglia, caprifoglio mediterraneo e rosa di San Giovanni). Alle quote più basse, sono diffuse le boscaglie a olivastro, con asparago bianco ed elevata frequenza di lentisco, clematide cirrosa, ilatro comune e arisaro comune.
Lungo i corsi d'acqua sono abbondanti i boschi ripariali costituiti da olmo campestre e salici nelle situazioni pianeggianti, mentre nei corsi d'acqua a scorrimento veloce, si possono osservare boschi a galleria di ontano nero.
Presentano un rilevante interesse naturalistico le boscaglie ad alloro e, alle altitudini più elevate, i lembi relitti di cenosi ad agrifoglio, che rappresentano una peculiarità  del territorio meritevole di ulteriori studi e azioni di conservazione.
Molto interessante dal punto di vista naturalistico anche la flora e la vegetazione delle piccole pareti rocciose, che si presentano ricche in specie endemiche, con fitocenosi a ciombolino trilobo, silene nodulosa, stregona di Corsica, arenaria balearica, spillone di Sardegna.

Tra le altre endemiche merita citare la quercia di Sardegna, il salice di Arrigoni, la viola sardo-corsa, il finocchio-acquaticoseneghe_monte_panoramica_007 di Sardegna (esclusive della Sardegna) e la silene nodulosa, l'erba di Santa Barbara di Sardegna, la digitale purpurea e la sassifraga sardo-corsa (endemiche Sardo-Corse).
La conoscenza della diversità  faunistica del territorio, e in generale del Montiferru, è disomogenea e molte categorie sistematiche sono poco conosciute. Per il territorio di Seneghe vengono segnalate 3 specie di anfibi, tra cui gli endemici discoglosso sardo e raganella sarda, e 12 specie di rettili tra cui gli endemici tarantolino, algiroide nano, lucertola campestre e luscengola. Complessivamente sono state censite circa 80 specie di uccelli, pari a circa il 50% di tutte le specie nidificanti in Sardegna, tra i quali ricordiamo gli endemici astore, sparviere, poiana, barbagianni, scricciolo, pigliamosche, cinciallegra, venturone corso e ghiandaia (endemica esclusiva sarda). Sono state infine censite 17 specie di mammiferi (esclusi i chirotteri, non ancora studiati), tra i quali la lepre sarda, il quercino, la crocidura rossicciae la martora. Tra le specie più diffuse sicuramente il cinghiale e la volpe. Di particolare interesse, per chi volesse visitare Seneghe è il bosco comunale, chiamato "su monte", che si estende per circa 900 ettari, dove si possono osservare le principali tipologie forestali presenti nel territorio, alberi secolari e numerose specie animali e vegetali di interesse naturalistico; inoltre dai punti panoramici di Funtanas e Cuguzzu si può godere di un'ampia vista che spazia dalle zone costiere sino alle più alte cime del Gennargentu.

Tra i significati che si attribuiscono al toponimo Seneghe il più affascinante, ma non per questo più attendibile, è quello che lo collega a s’ena, la venad’acqua che trabocca dalle sorgenti e dai pozzi disseminati nel territorio e nell’abitato. La presenza dell’acqua è il principale motivo che ha spinto millenni prima di oggi delle popolazioni a scegliere la propria sede sul pianoro che interrompe la discesa ripida verso la pianura del Campidano. Nel territorio di Seneghe le più antiche testimonianze archeologiche risalgono a circa 2000 anni prima di Cristo, all’inizio della civiltà nuragica, e ancora oggi segnano profondamente il paesaggio. Ci sono alcune tombe di giganti in diverse condizioni di conservazione e almeno un centinaio di nuraghi. Insieme al paesaggio agrario con alberi sparsi e macchia mediterranea, questi monumenti costituiscono uno degli elementi di interesse del territorio seneghese. A partire dall’arrivo dei fenici e dei punici sulla costa occidentale, la vicenda del territorio seneghese si lega a Cornus, raggiungibile con una strada segnata dai solchi profondi dei carri, e alla sua storia. Dove è posto oggi l’abitato di Seneghe e nelle campagne si hanno tracce sicure di presenza punica e romana. Mentre i sardi indigeni continuano ad abitare attorno ai nuraghi che vanno in rovina nelle campagne sorgono le ville romane. Il dominio delle popolazioni provenienti dall’Africa e dalla penisola italiana, pur avendo condizionato la vita degli abitanti dell’isola per secoli, non ha lasciato tracce significative nel territorio. Il nome di Seneghe compare per la prima volta in età storica nel XII° secolo con una citazione nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado. E’ una delle sette ville che compongono la curatoria di Parte Milis, distretto amministrativo istituito dai Giudici d’Arborea ai confini settentrionali del loro regno. Seneghe è stato quasi sempre il centro più popoloso del distretto e lo divenne ancora di più durante e dopo l’arrivo degli eserciti catalano-aragonesi e la lunga guerra di conquista tra XIV° e XV° secolo. Le popolazioni che fuggivano dai villaggi abbandonati e dalla pianura infiammata dalla guerra trovarono rifugio a Seneghe, favorita anche dalla posizione elevata sulla pianura malarica. Alla fine del periodo giudicale il paese è incluso con il Campidano Milis nel Marchesato di Oristano, composto dalla città e dai tre Campidani. Gli interessi dei sovrani, prima i Giu dici e poi i Re di Spagna, erano presenti a Seneghe nel possesso del Monte. Le pendici alte del Montiferru ricoperte dalla foresta, un tempo usate per le cacce giudicali, venivano affittate dal demanio regio a privati per il pascolo e il ghiandatico. Nella struttura sociale seneghese aveva un ruolo fondamentale anche la Chiesa, unico organismo che consentisse la promozione sociale di un popolo di contadini e pastori. Fu grazie ad essa che si realizzò l’ascesa al cardinalato di Agostino Pippia (Seneghe 1660-Roma 1730) nel 1724. Dopo la lenta crescita nei secoli spagnoli, Seneghe vede nel Settecento un ulteriore accrescimento demografico ed edilizio, nonostante le ricorrenti carestie. A fine secolo arriva a sfiorare i duemila abitanti. Testimoni di un’epoca di fiducia sono le due piccole chiese costruite in posizioni dislocate rispetto alla Parrocchia, la Chiesa di sant’Antonio che conserva ancora l’impianto originario e quella di sant’Agostino, demolita nell’Ottocento. Tra Seicento e Settecento il paese acquista dal punto di vista urbanistico l’aspetto odierno. Le case fatte di pietra tenuta insieme da fango e paglia hanno gli ingressi, sia interni che esterni, valorizzati dalle decorazioni sulla pietra cantone: oltre alle onnipresenti rosette a sei petali, numerose le dentellature, i simboli religiosi, i soli e le spirali e soprattutto la fiamma a cuspide del gusto arabeggiante iberico. L’affermazione nell’Ottocento di un’architettura più leggera fondata sul basalto scolpito ha fatto passare di moda lo stile precedente, che è comunque ben visibile in molte case restaurate negli ultimi anni. Il relativo miglioramento delle condizioni economiche nel corso dell’Ottocento si concretizza nella costruzione della nuova Chiesa Parrocchiale, durata un secolo e terminata nel 1898. La vivacità economica e culturale del paese emerge dopo la Grande Guerra, che costa un tributo di sangue notevole a Seneghe come al resto della Sardegna. Due giovani seneghesi sono tra i massimi dirigenti del movimento dei reduci e fondatori del Partito Sardo d’Azione. Nel 1924 alle elezioni politiche 2 dei 12 deputati sardi sono i seneghesi Paolo Pili e Antonio Putzolu. Alla fine della guerra l’inserimento nelle nuove dinamiche economiche comporta l’abbandono della cerealicoltura, la scelta esclusiva dell’allevamento bovino ed ovino accanto alla persistente olivicoltura, e l’emigrazione verso le regioni dell’Italia del nord e dell’Europa di fasce intere della popolazione locale. Cessa anche presto un’attività di estrazione del minerale di ferro ai confini occidentali del territorio, durata solo pochi anni per le difficoltà di trasporto del materiale dalla montagna in pianura a dorso di animali.

 

Testi di Mario Cubeddu e Giuseppe Fenu


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