La chiesa, che si apre su una piccola piazza nel cuore del quartiere di Stampace all’interno dell’isolato tra via Santa Restituta e via Sant’Efisio, fu costruita grazie ad un lascito in un’area ceduta nel 1637 dalla vicina parrocchia di Sant’Anna. L’impianto è a navata unica con cappelle laterali e presbiterio rialzato; nel prospetto si apre il portale architravato sormontato da un timpano ricurvo interrotto e da un oculo modanato. I bombardamenti del febbraio del 1943 lesionarono gravemente l’edificio, restaurato negli anni Sessanta e mai più consacrato. L’ambiente sottostante accessibile da via Sant’Efisio è un grande vano interamente scavato nel calcare, di pianta molto irregolare, oggetto di numerosi interventi finalizzati ad adattare gli spazi alle diverse esigenze. Più volte ricordato dalle fonti a partire dal 1263, costituì un vero e proprio edificio di culto. Nel 1607, verosimilmente caduto in disuso, fu sterrato grazie all’interesse di alcuni notabili che seguirono la tradizione secondo la quale nel quartiere di Stampace si sarebbe trovato il palazzo gentilizio di Santa Restituta, ritenuta la madre del vescovo di Vercelli Eusebio vissuto nel IV secolo, ma più probabilmente da identificare con la martire africana uccisa nel 304 durante la persecuzione di Diocleziano. Negli anni seguenti, nell’ambito controriformista delle ricerche di martiri volute dal clero cagliaritano per vantare il primato rispetto alla chiesa turritana, gli scavi ripresero e furono finalizzati al ritrovamento delle reliquie. Con la costruzione della chiesa soprastante l’ipogeo divenne quindi una sorta di cripta accessibile anche dall’interno dell’edificio superiore. Trasformato in rifugio antiaereo durante l’ultima guerra mondiale cadde in disuso fino ai lavori di restauro iniziati negli anni Settanta che hanno permesso di individuare una frequentazione risalente ad almeno il II-I secolo a.C., se non all’epoca preistorica.
Al V secolo d.C. si daterebbe la parte mediana dell’altare posto nella parete nord della cripta, realizzato per contenere le reliquie della martire trasferite a Cagliari, dal clero africano cattolico esiliato dai Vandali di fede ariana, insieme alla statua di Santa Restituta. Risalirebbero allo stesso periodo anche l’altare posto di fronte e quello che dalla fine dell’Ottocento ospita la colonna che la tradizione vuole legata al martirio. Il manufatto venne spostato per impedire alcune pratiche superstiziose che avvenivano nella cripta. Questi altari furono abbelliti nel XVII secolo, quando venne realizzato l’altare posto di fronte alla scala d’accesso e quello ovest che intercettò una cisterna a campana preesistente. Su questo lato della vasta camera si trova anche uno spazio cosiddetto schola Sanctae Restitutae, ovvero il luogo dove secondo la tradizione la santa avrebbe impartito le lezioni ai fanciulli del quartiere. Di fronte è visibile un pulpito scavato nella roccia. Accanto all’altare est rimane un bel lacerto pittorico che rappresenta San Giovanni Battista con la mano destra in segno di benedizione, databile alla metà del Duecento. In fondo alla cripta è bene visibile una cisterna anticamente alimentata dall’acqua piovana interamente ricoperta di cocciopesto, successivamente unita al vasto ambiente mediante l’abbattimento del setto divisorio di calcare